Si procede anche sul versante della prevenzione: scoperta correlazione con la vitamina D
Il morbo di Parkinson, malattia degenerativa delle strutture nervose, in Italia colpisce circa 200 mila persone. Si tratta di una malattia idiopatica, cioè non dovuta a cause esterne, per la quale i gruppi cellulare in grado di facilitare il movimento vengono meno, provocando così una riduzione della mobilità autonoma, una rigidità di tipo plastico e il tipico tremore a riposo.
Da circa vent’anni si cerca di dimostrare un’associazione tra i geni che controllano il sistema immunitario e l’insorgenza della malattia di Parkinson.
Recentemente un team internazionali di ricercatori coordinati da Haydeh Payami, ricercatrice e direttrice del NeuroGenetics Research Consortium, ha avviato una ricerca per individuare nuovi farmaci efficaci su questo tipo di malattia. Lo studio ha analizzato 2 mila pazienti volontari affetti da Parkinson e provenienti da centri di cura situati in diversi stati degli Usa, e altrettanti volontari sani. La sperimentazione consiste nell’indagine sul genoma abbinata a considerazioni su fattori clinici e ambientali che possano influire sull’insorgenza della malattia.
In particolare l’analisi ha esaminato il legame tra varianti genetiche nella regione dell’antigene leucocitario umano, una sorta di marchio presente delle cellule che attiva un riconoscimento da parte del sistema immunitario verso le cellule stesse, e una conseguente "accettazione", diversamente da ciò che accade per visrus e batteri o cellule trapiantate. Le molecole dell’antigene leucocitario umano aiutano anche a prevenire un attacco da parte del sistema immunitario verso i propri stessi tessuti. Non sempre però queste molecole funzionano in modo corretto , come nei tragici esempi della sclerosi multipla. Partendo da questa evidenza i ricercatori hanno tentato di osservare il possibile ruolo di infezioni, infiammazioni e quindi processi di autoimmunità nella malattia di Parkinson.
Questi studiosi stanno cercando di dimostrare un coinvolgimento a livello infiammatorio anche in questo disturbo. Sarà necessario capire con esattezza se c’è a livello immunitario un’alterazione della risposta infiammatoria che causa la degenerazione.
I risultati di questo studio sono pubblicati sulla rivista scientifica Nature Genetics.
Su marcatori di malattia la ricerca è invece a un punto morto, perché pare troppo complesso individuare un marcatore specifico, visti i numerose elementi in gioco in questa malattia.
Altri studi sono in corso, soprattutto sulle possibili terapie farmacologiche e sui fattori di prevenzione. Pare infatti, secondo uno studio condotto in Finlandia, che la vitamina D riduca di due terzi il rischio di insorgenza della malattia.
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